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Il ruolo delle centrali idroelettriche di pompaggio

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È ormai assodato: la necessaria transizione energetica poggerà in gran parte su rinnovabili come eolico e fotovoltaico. Ed è anche noto che questo passaggio di consegne tra combustibili fossili e fonti green deve avvenire in tempi brevi, conoscendo quali sono gli obiettivi a livello internazionale per il taglio delle emissioni entro il 2030 così come entro il 2050. Il principale problema di solare ed eolico lo conoscono però tutti: non si tratta di fonti energetiche stabili. Ci sono giornate assolate come giornate ventose, ma ce ne sono tante altre totalmente coperte o senza un filo d’aria. Da qui l’importanza di poter contare su degli accumulatori, e quindi tipicamente su delle grandi batterie capaci di assorbire il surplus energetico nei momenti di picco per poi distribuirlo nei periodi di bisogno. Ma si sa, la realizzazione delle batterie non è da dare per scontata: è costosa e porta con sé un impatto ambientale tutto fuorché indifferente. E va inoltre detto che lo stoccaggio delle batterie dura qualche ora, qualche giorno, ma non certo mesi o stagioni intere. Ma le batterie non sono le uniche soluzioni in campo: un ruolo da protagonista potrebbe essere infatti giocato dalle centrali idroelettriche di pompaggio. Che cosa sono, come funzionano, e in che modo possono diventare delle batterie?

Le centrali idroelettriche di pompaggio come enormi batterie

Sappiamo tutti, a grandi linee, come sono fatte e come funzionano le centrali idroelettriche. Del resto nel nostro Paese ce ne sono parecchie: in tutto – stando ai dati Terna – sono 4.783, localizzate soprattutto sulle Alpi. Non è però possibile ricondurre tutti gli impianti elettrici a una tipologia standard: ci sono infatti gli impianti ad acqua fluente, installati quindi su corsi d’acqua, con tempi d’invaso molto ridotti; quelli a bacino, con laghi artificiali, con un tempo d’invaso lungo; quelli a serbatoio, con tempi d’invaso lunghissimi. E infine ci sono gli impianti idroelettrici di pompaggio, che rappresentano una tipologia molto differente.

Come sappiamo, la centrale idroelettrica sfrutta la potenza della caduta dell’acqua (in caduta dall’invaso superiore a quello inferiore) per azionare una turbina, convertendo quindi l’energia cinetica in energia elettrica. Il movimento dell’acqua, nel caso classico, è solo dall’alto verso il basso. E se invece si azionasse anche un ciclo di ritorno dell’acqua verso l’alto? È per l’appunto questo che accade nelle centrali idroelettriche di pompaggio, che – sfruttando peraltro le medesime turbine, facendole ruotare al contrario – riescono su richiesta a riportare in alto l’acqua precedentemente caduta verso l’invaso inferiore.

Perché mai fare tutta questa fatica? Semplice: perché così facendo, le centrali idroelettriche di pompaggio possono diventare degli enormi accumulatori. È infatti possibile sfruttare il surplus inutilizzato dato da una centrale rinnovabile, come per esempio eolica e solare, per pompare in alto l’acqua in un impianto di pompaggio, per poi farla ricadere verso il basso al momento del bisogno (per esempio durante una stagione invernale senza particolari giornate di sole).

I vantaggi dei sistemi di pompaggio per l’accumulo energetico

A guardare bene la questione, i vantaggi degli impianti di pompaggio idroelettrico sono tanti. È possibile usare il surplus energetico di origine rinnovabile e conservarlo per parecchio tempo, immagazzinando potenzialmente enormi quantità di energia (in base alla grandezza dell’invaso superiore dell’impianto); le centrali idroelettriche di pompaggio possono durare tanto tempo, e non necessitano di metalli difficili da estrarre o di terre rare. Certo, tra gli ostacoli ci sono i costi elevati degli impianti di pompaggio, le tempistiche lunghe di realizzazione, nonché i difficoltosi percorso autorizzativi.

La situazione attuale

Come anticipato, in Italia ci sono tante centrali idroelettriche; gli impianti di pompaggio sono invece solamente 22. I quali, coerentemente con quanto detto, sono localizzati per lo più al Nord. E qui si capisce almeno in parte perché questi impianti vengono utilizzati molto meno di quanto sarebbe possibile fare: questo succede soprattutto perché la maggior parte degli impianti eolici e solari si trova nel Meridione. Stando a uno studio realizzato da The European House Ambrosetti, con un investimento di 10,5 miliardi di euro nella costruzione di sistemi di pompaggio entro il 2030 si potrebbe avere un ritorno economico di 31 miliardi.

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